Testimonianza di Suor Virginia Formoso nel Giubileo Parrocchiale

Carissimi,

è per me motivo di grande gioia condividere con tutti voi la storia della mia vocazione in occasione del 50° anniversario di dedicazione della parrocchia Mater Misericordiae dalla quale provengo e che mi ha vista crescere, fino al mio ingresso in monastero, all’età di 23 anni.

Era il 24 giugno 2001, solennità della natività di s. Giovanni Battista, il giorno in cui ho sentito irresistibile il richiamo di Dio nella mia piccola vita. Me lo ricordo come se fosse ieri, forse come s. Giovanni nel suo Vangelo ricorda bene che «erano circa le quattro del pomeriggio». Avevo 21 anni, ero al terzo anno di filosofia e stavo vivendo un periodo di profondo travaglio interiore, di ricerca di senso, di Verità e di Amore. Non lasciavo trasparire nulla, vivevo la mia vita nella maniera più normale per una ragazza della mia età. Amavo il mare, mi piaceva stare con gli amici, amavo gli studi che facevo, lo sport, i viaggi. I primi di Giugno di quell’anno 2001, partii per Copenhagen grazie a un viaggio “premio” vinto all’università. Durante quei giorni in Danimarca, conobbi alcuni ragazzi (tra cui mio cognato Luciano, che molti di voi conoscono, e che allora era l’assistente del professore che ci accompagnava) che avevano avviato con altri universitari delle “riunioni filosofiche” attraverso le quali, partendo da argomenti di filosofia, riuscivano ad evangelizzare e ad annunciare la verità del Vangelo. Tornata a Palermo, fui invitata subito a prendere parte a questi incontri e, proprio alla fine della prima riunione alla quale presi parte, seppi che era stata organizzata una, chiamiamola, “gita” presso il monastero s. Chiara di Alcamo, dove uno studente di nome Michele, mio collega e carissimo amico, aveva una sorella clarissa. Quella “gita” che mi avrebbe cambiato l’esistenza, era stata fissata per il 24 giugno, appunto.

Ricordo bene l’inquietudine mista a un pizzico di euforia che mi attraversava la sera prima della partenza per Alcamo. Arrivata in monastero in mattinata, rimasi folgorata dalla gioia che emanavano i volti delle sorelle e pensai subito che quelle donne avevano trovato il senso della vita che tanto io desideravo e ricercavo. Non avevano niente, nient’altro che Dio, quindi in realtà avevano TUTTO. Mentre mi frullavano nella mente e nel cuore questi pensieri, posai lo sguardo su una scritta che era affissa al muro del parlatorio che ci ospitava e che diceva: «Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa è eterna. Non ti abbaglino gli splendori del mondo che passa come ombra». Questa frase mi arrivò al cuore come una bomba atomica, perché confermava un’intuizione che da sempre il Signore mi aveva posto nel cuore, ma alla quale non avevo voluto dare ascolto per non “compromettermi” con Lui. Questa intuizione risaliva alla mia infanzia, quando avevo ascoltato forse al catechismo questa Parola: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita a causa mia e del Vangelo, la salverà»; e ancora: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto». “Tutto passa, ma se muoio con Lui, vivrò in eterno e darò vita agli altri”, pensavo. Durante l’incontro con le sorelle, l’allora abbadessa m. Myriam disse una frase che mi diede il “colpo di grazia”: «Ad alcuni il Signore chiede di farsi una famiglia, ad altri di realizzare alcune opere, ad altri chiede TUTTO». Quel “TUTTO” lo sentii rivolto a me da parte del Signore. Era come se Lui stesse parlando solo con me in quel momento e che mi dicesse di volermi tutta per intero.

Uscii dall’incontro letteralmente terrorizzata, perché la prospettiva di essere suora non mi era mai passata per la testa, e tutti i miei amici e colleghi si accorsero che ero turbata. Luciano mi rassicurò, dicendomi che tanto non dovevo mica entrare! Ma io subito, mi avvicinai a Michele, chiedendogli come avesse fatto sua sorella ad entrare in monastero e lui mi raccontò la sua esperienza. A me sembrarono tanto strane parole come “discernimento”, annessi e connessi, al punto che mi tranquillizzai pensando che non era “cosa per me”. Così, dopo quel 24 giugno, tentai di riprendere la mia vita normale e di non pensare più a quello che era successo. Ma nel mio cuore era accaduto qualcosa di irreversibile e sentivo sempre di più una chiamata irresistibile. Grazie a Michele e ad altri amici e amiche che, come angeli, il Signore mi mise accanto in quel periodo, e grazie anche alla testimonianza di sacerdoti come p. Conigliaro, trovai il coraggio di “decidermi per Cristo” (così una volta ascoltai in una sua omelia) e iniziai ad affiancare agli studi la messa quotidiana, la meditazione della Parola di Dio e la preghiera del Rosario, fino a quando nel Gennaio 2002, mi arresi alla realtà della chiamata. Mia madre ricorderà quel pomeriggio in cui mi trovò in lacrime, mentre tentavo inutilmente di studiare, e le dissi: «Mamma, non ti spaventare», ed ebbi solo la forza di indicarle l’immagine di Gesù che era appesa accanto alla scrivania. Mio padre seppe quasi contemporaneamente tutto quello che stava accadendo ed ebbe un’inaspettata reazione di stupore misto a gioia. Il Signore lo preparava già all’incontro definitivo che si sarebbe consumato appena l’anno successivo al mio ingresso, e forse per questo aveva già predisposto il suo cuore ad essere tanto gioioso nell’aprire le mani per retiturGli una figlia.

Da lì iniziai il vero e proprio discernimento, cominciando a frequentare assiduamente il monastero di Alcamo e i Frati Minori che organizzavano campi vocazionali (ai quali presi parte) e ritiri ogni mese. Partecipai alla GMG 2002 a Toronto e andai ad Assisi più volte, alle fonti del carisma che mi attirava. Presi graduale consapevolezza che il Signore mi voleva per sé completamente e così, terminati gli studi di filosofia, varcai la soglia del monastero l’8 settembre 2003, attratta dall’Amore, certa di avere trovato la Verità che cercavo, nella fiducia che il Signore non avrebbe deluso le mie attese.

Entrare è stato un po’ come morire e lo dico ancora oggi a distanza di tanti anni. Con dolore ho lasciato la mia amata famiglia, i miei genitori, i miei fratelli e sorelle; con dolore ho lasciato tutti coloro che con immenso amore portavo (e porto ancora) nel cuore. Ma confidavo nel fatto che Lui stesso avrebbe colmato il vuoto che lasciavo e che mi avrebbe, a suo tempo, restituito, ancora più profondi, i legami d’amore che mi aveva donato. Oggi testimonio che è tutto vero, che «se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui». È vero che c’è una misteriosa fecondità nel lasciarsi coinvolgere dal Suo mistero pasquale di morte e Risurrezione. È vero che i legami passati attraverso le dolorose potature, fioriscono in tutta la loro bellezza e ne fanno scaturire di nuovi.

Ringrazio infinitamente il Donatore per la vita che mi ha donato, per avermi chiamata in questa vocazione, per tutte le persone che mi hanno accompagnata fino ad oggi e per tutti voi che avete avuto la pazienza di ascoltare qualcosa dell’opera Sua nella mia piccola vita. Grazie grazie grazie di cuore e un carissimo abbraccio a tutti nel Signore. Un saluto speciale a Sua eccellenza l’arcivescovo Corrado Lorefice che so essere presente. Assicurandogli la mia preghiera quotidiana per lui, gli chiedo la paterna benedizione.

La vostra sr. Virginia.                                                                Alcamo, 19 gennaio 2020.